(di Sebastian Azzeccagarbugli)
"Dove sta andando la giustizia, ghezo?", mi chiedeva un giorno il buon Luigi Masserani, mentre trascriveva in bella gli accordi di una canzone...
Il vero problema del nostro sistema giuridico-struttural-processuale è legato a due concetti: il tempo e -udite udite- la certezza.
Non importa che siano comminate pene durissime o quasi sovraumane, affinchè possano servire come deterrente. La vera forza che induce il soggetto Epynòm a non delinquere, è data dalla certezza quasi assoluta che questi verrà scoperto, processato (in tempi decentemente brevi) e -se giudicato colpevole- punito.
E' la quasi certezza di non passarla liscia, che spinge i soggetti tendenti alla devianza a tenere comportamenti che risultino socialmente accettabili. Aumentare le pene a dismisura ha solo un effetto demagogico. Nient'altro.
Già nell'antica Roma, il giureconsulto Angelus Xanettium Pernae, si batteva contro l'inasprimento del sistema punitivo voluto da Cicerone e dai suoi sodali.
E nel '700 Carrara e i suoi seguaci non fecero altro che ripetere e rafforzare questo concetto. Ma furono parole al vento.
Purtroppo, il pueblo vuole altro. La gente vuole gli effetti speciali, le parole roboanti, le frasi a effetto. E intanto la società annega tra i propri liquami educazionali.