(Guglielmo D'Orange)
Tornano a bussare alle nostre porte.
S'infilano da tutte le parti, financo su per il culo, e noi lì, stoici, a cercare di resistere.
Ma ve l'immaginate, voi, la faccia di Gèggian mentre spinge per la scorra #25 e intanto il sinottide o sinottàle gli penetra lungo la linea del pensiero?
Ci sono tempi bastiani e tempi balordi, ghezo.
E ora è il momento dei tempi sinottici.
Sono quei momenti in cui tutto tende a confodersi, a mischiarsi, e lascia la coscienza dell'individuo in un mare di confusione, di contraddizioni che paiono risolversi ("avec un coup de foudre", direbbe De Saussure) e che invece contiunamente si contraddicono ancora.
Contraddicono loro stesse e il contrario di esse.
E, come nel miglior pensiero del divin Carmelo, le contraddizioni diventano sè stesse proprio nel momento in cui cessano di esserlo.
Ecco, questo è il punto.
E la domanda che pongo, ossequiosamente, al lettore impegnato:
esiste, e se esiste qual è, il momento topico in cui l'individuo si rende conto di essere precipitato nel ganglo del tempo sinottico?
Esiste il rimedio?
Esiste la speranza?
Esiste il post-tempo sinànna?
Ora sta a voi, cari "popoli-non-emancipati-che-mangiate-ancora-il-sapone".
SL